Libiola Una Miniera di Storie
Una
ricerca originale di documenti e di fotografie di Luciana Lavaggi e
Gianni Coletta dà origine a questo interessante volume, che
contribuisce alla storia della Città di Sestri Levante trattando un’
attività mineraria che ebbe importanza internazionale.
Oggetto
del lavoro sono le vicende della miniera di rame di Libiola situata a
pochi chilometri dal mare nel Comune di Sestri Levante nei pressi dei
due antichi nuclei abitati di Villa Libiola e Villa Tassani. Nei
dintorni vi sono anche Villa Vignolo, Villa Rovereto e Villa
Montedomenico e nel fondovalle Santa Vittoria, detta appunto di
Libiola: da tali nuclei proveniva la gran
parte degli addetti alla miniera. Il libro tratta degli ultimi due
secoli di vicende della miniera che, utilizzata fin dai tempi
preistorici,
è stata sfruttata fino al 1961; attualmente è in stato di abbandono con gallerie e edifici che attendono una valorizzazione. Molto ricca è la parte iconografica con immagini e documenti che testimoniano la competenza e la passione fotografica dei due autori, che si sono avvalsi di una ricerca archivistica approfondita e delle testimonianze e dei documenti di lavoratori e lavoratrici della miniera di Libiola e delle loro famiglie.
è stata sfruttata fino al 1961; attualmente è in stato di abbandono con gallerie e edifici che attendono una valorizzazione. Molto ricca è la parte iconografica con immagini e documenti che testimoniano la competenza e la passione fotografica dei due autori, che si sono avvalsi di una ricerca archivistica approfondita e delle testimonianze e dei documenti di lavoratori e lavoratrici della miniera di Libiola e delle loro famiglie.
Originale
è lo studio sullo sviluppo della strada di collegamento che da Villa
Libiola conduce attraverso Santa Vittoria di Libiola, Santa
Margherita di Fossa Lupara al porto di Sestri Levante. Da qui il
minerale era imbarcato per essere trasportato a destino nella lunga
gestione della miniera da parte di una società inglese.
Il
minerale estratto è il rame presente nella roccia ofiolitica come
calcopirite, un solfuro di rame e ferro la cui formula chimica è
CuFe S2. Il colore
della calcopirite varia dall’ottone al giallo oro per cui essa è
definita “rame giallo”. Il nome calcopirite deriva dal greco
χαλκός(chalkós)
bronzo, poi anche rame, e πύρ
(pýr)
fuoco, per la caratteristica di poter provocare la fiamma. Appartiene
al sistema cristallino tetragonale e ha durezza variabile intorno a 3
gradi in scala Mohs. La densità è 4,2 – 4,3 g/cm3.
Contiene il 34,5 % di rame, motivo per cui non si hanno notizie di
sfruttamento del ferro.
Libiola
è stata la miniera di rame più importante d’Italia e tra le più
importanti d’Europa. In tempi passati venivano anche utilizzati i
solfati presenti nella miniera per ricavare acido solforico, il
“vetriolo”. I minerali presenti nella miniera sono numerosi e di
grande interesse. Per un elenco esaustivo si consulti il volume “I
nostri Minerali. Geologia e mineralogia in Liguria” di Mario
Antofilli, Emilio Borgo, Andrea Palenzona, Sagep editore, 1983. In
tale volume una parte importante è dedicata allo studio delle rocce
ofioliti “rocce verdi” dentro le quali si trovano i minerali di
rame e manganese del Levante ligure. Una descrizione
dell’affascinante storia dell’origine delle ofioliti si trova nel
volume “La Val Gromolo e la Val Petronio, le bellezze dell’ambiente
naturale e le antiche attività estrattive”, Sagep editrice, 1986.
In tale libretto, di cui sono coautore, il compianto Luciano
Cortesogno, insigne studioso di Geologia, appassionato e competente
di tutti gli aspetti dell’ambiente, traccia un breve ed efficace
sintesi divulgativa sulle rocce del territorio del Tigullio, campo di
studio per numerosi studiosi ed esperti di queste formazioni
geologiche di particolare interesse. Nelle rocce vi sono i filoni di
minerali così importanti e numerosi da attirare visitatori da ogni
dove. Una mappa dei luoghi e la possibilità di visita sul terreno
riporterebbero alla luce le testimonianze originali dell’intensa
attività mineraria dell’ottocento.
Ricordo
che nella Provincia di Genova si contano negli ultimi due secoli
circa duecento siti di assaggi e di estrazione di minerali.
Un
altro elemento importante che Luciana Lavaggi e Gianni Coletta hanno
messo in rilievo è la tecnologia usata per estrarre e trattare il
minerale di Libiola. A questo proposito, ricordo che dal 1900 per
arricchire il minerale è stata usata la tecnica della flottazione. I
resti di lavorazione allora venivano scaricati nel torrente Gromolo.
In seguito, intorno al 1955, con tali residui furono riempite alcune
vaste fosse che erano state scavate dalla Società Levante in un
fertile terreno agricolo per estrarre argilla al fine di produrre
mattoni, peraltro di scarsa qualità.
La
miniera di Libiola è formata da un reticolo di innumerevoli gallerie
situate su molti livelli. Potrebbero essere attualmente agibili con
facilità le gallerie Ida e Castagna. Negli anni settanta del
Novecento, per un breve periodo, il Comune di Sestri Levante sfruttò
alcune gallerie della Miniera come discarica dei rifiuti solidi
urbani, tale utilizzo cessò per l’opposizione della popolazione
organizzata e per l’azione del neonato Comitato di Quartiere N. 1
di Santa Vittoria.
In
seguito alla scoperta di antichi reperti e per il pregio dei
manufatti della miniera di Libiola nel 1991 sullo scavo Brown è
stato posto il vincolo archeologico.
Che
cosa fare di un patrimonio storico e ambientale così importante?
Una
prima idea che si può sviluppare è quella di utilizzare le
potenzialità del vincolo archeologico. Una serie di itinerari
segnalati, con adeguata manutenzione all’aperto e anche in
sotterraneo, renderebbero visibili le opere dell’uomo e
l’importanza del sito. In tale prospettiva si potrebbero recuperare
gli edifici e alcune gallerie come reperti di archeologia mineraria.
Negli
anni settanta sono state eseguite indagini minerarie sul terreno di
Libiola alla ricerca di nuovi filoni di minerali utilizzabili: pare
che queste ricerche abbiano dato esito positivo; la presenza di
minerale di rame e di ferro potrebbe dare origine ad attività
minerarie di valenza dimostrativa e didattica a testimonianza di
pratiche tecnologiche da noi ormai scomparse.
Per
ridare vita alle antiche gallerie minerarie come succede in Italia e
all’estero alcune gallerie potrebbero essere usate per far maturare
e invecchiare vini di pregio. Le gallerie stesse o gli edifici ancora
presenti potrebbero essere utilizzate per degustazioni.
Un
ringraziamento a Luciana Lavaggi e Gianni Coletta per questo
originale ricerca. Gli autori hanno dimostrato attenzione per le
nostre radici e cura della memoria individuale e collettiva.
Significativamente il volume termina con l’elenco dei minatori
presenti alla chiusura all’inizio degli anni sessanta del secolo
scorso. Il libro è un atto di amore per la nostra terra e il
presupposto per passare dall’abbandono a un utilizzo e a una
valorizzazione. Buona lettura.
Ainino Cabona
Ainino Cabona
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